Abito Tradizionale

 

 

Essendo l’industria tessile nel passato molto fiorente, ciò fece sì che Mormanno disponesse di ottime qualità di panno adatto a soddisfare le esigenze della popolazione, sottoposta per buona parte dell’anno a temperature rigide. Inoltre, poiché la lavorazione del tessuto avveniva localmente, il suo costo era più basso rispetto alle stoffe provenienti da altre località, e per mantenere bassi i prezzi, la scelta del colore si basò sempre sull’impiego di tinte scure.
Gli studiosi del Folklore fanno una grande differenza tra la Calabria settentrionale e quella meridionale, i costumi variano da zona a zona, sia nel colore che nelle forme (si pensi ad esempio ai costumi usati in paesi di origine albanese), cambiando in occasioni di festività e in speciali avvenimenti.
In montagna il colore usato è quasi esclusivamente il nero.
Da accurate ricerche effettuate, le donne mormannesi portavano quasi sempre i loro lunghi capelli raccolti in un rigoroso “tuppo”, e per proteggersi dal freddo pungente delle nostre montagne indossavano “u pannicèddrhu”, elemento di maggiore importanza nel costume femminile di Mormanno, una pesante mantella di panno nero, a volte bordata, che, partendo dal capo, si avvolgeva sulle spalle fino a coprire tutto il busto. Il panno o la lana impiegati per confezionarlo erano tessuti al telaio. A dare un po’ di colore all’abito nero contribuiva uno sciallino copri spalle, che si poggiava su un elegante corsetto nero impreziosito da spille e applicazioni. A coprire i polsi, si intravedevano i meravigliosi merletti della morbida e candida “cammisòla”.
Quanto all’intimo femminile, un severo “mutandone” fino al ginocchio, allacciato da nastri colorati, e da un “suttanèddrhu”, un sottogonna poco più corto della stessa e sempre rifinito da merletti bianchi. La gonna rigorosamente nera, scendeva morbida con le sue pieghe fino alla caviglia. In vita era sempre legato “u vantisinu”, il grembiule nero, reso elegante dall’orlatura in oro.
Per gli indumenti da lavoro, al contrario, si preferiva la semplicità, la praticità e soprattutto la comodità, necessaria per far fronte alle lunghe, faticose giornate di lavoro nei campi o nella vigna.

Gli uomini indossavano pesanti calzature di cuoio, resistenti e rialzate, gli scarponi coi “tàcci”, e una “cammìsa” quasi mimetica di cotone o fustagno.
Le donne, con ai piedi comode e leggere scarpette allacciate, si recavano nei campi indossando la solita gonna nera e il solito “vantisìno fiorato” di tutti i giorni. Completava l’abbigliamento una semplice camicia bianca.

Tipico come rimedio contro i cocenti raggi del sole il “fazzoletto alla scuzzètta”, legato stretto dietro la nuca perché non cadesse.
Quanto alle calzature estive maschili, le “zarìgghje”: rigide solette di cuoio che venivano modellate sul piede e legate alla caviglia sui “garìtti”, pesanti calzettoni di lana rozza che coprivano stinchi e polpacci.

Il pantalone di velluto era nero, caldo e abbottonato lateralmente permettendo di rovesciare in avanti la parte anteriore “ministratùru”. Inoltre, per le uscite in società, gli uomini stringevano in vita una fascia di raso colorata ad indicare il loro stato civile: rossa se celibi, blu se fidanzati, bianco se sposati e viola se vedovi.
Una “còppula” a quadroni da poggiare sul capo nelle rigide notti d’inverno o una fresca paglietta da lavoro non mancavano mai nel modesto guardaroba dei mormannesi. C’erano anche cappelli a punta, di forma conica con falde tutto intorno, sul quale a seconda del ceto di appartenenza scendevano dei nastri di velluto nero, con applicazioni in raso (il ricco con tre strisce, il medio ceto con due strisce, ed il povero con una sola striscia).
Altrettanto immancabili erano il pratico gilet di velluto a coste, unica nota di signorilità nell’umile abito maschile, e la pesante “càppa”, mantello maschile di panno nero che avvolgeva in un caldo abbraccio quando dal Pollino soffiava un rigido vento di neve. La cappa è l’elemento di maggiore rilievo nell’abbigliamento maschile, conferiva a chi la indossava eleganza e personalità.
….. Anche nell’abbigliamento il popolo calabrese esprime la sua naturale bellezza.

   

    

 

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